Luogo dell’anima
C’è in me un mai sopito anelito all’anacoretismo (ho adorato la Zarri, i suoi libri, i suoi giardini). Quando mi ci abbandono, il mio giardinetto diventa nell’immaginazione ciò che non è: hortus conclusus e locus amoenus. Mi abbandono alla sua bellezza, così fragile ma anche piena, così acerba ma a tratti perfetta. Allora un frammento di quest’universo, con la sua bellezza, mi riconcilia con me stesso e, in parte, con l’umanità e il mondo, anche se in absentia. Decantano le frustrazioni e si placa la rabbia per le mille meschinità, brutture, piccinerie che il vivere in società ci porta a incontrare. In ultimo sarà sempre la bellezza a salvarci, come singoli e come genere umano.