Hortus Incomptus | un piccolo giardino spettinato
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Résumé dell’ultimo mese

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Rapito dal fascino ambivalente dei malvoni (sgraziati e leggiadri, facillimi e insidiosi, superati e sempre attuali), l’estate scorsa ne ho seminati un po’ della serie ‘Halo’, trapiantandoli in un fazzoletto riarso e petroso tra il lillà e una fila bassa di rose, a fare da quinta o cuscinetto. L’allegro assembramento di steli gagliardi si produce in questi giorni in uno spettacolo multicolore che alletta api e farfalle. Le piante sono coriacee e, pur essendo allampanate, hanno un fusto che non si piega qual canna al vento, ma si flette solo un po’ per le raffiche, restando ancorato saldo al terreno. Sono rotte a tutto; sfigurate dalla ruggine, crivellate dalle cavallette, smerlettate dagli antofagi: ma eccole sempre lì, che svettano invitte. Quando ho visto le pustole di ruggine picchiettare le foglie, a inizio stagione, ho avuto l’impulso iconoclasta di sradicare tutto: per fortuna mi sono frenato. La ruggine ha allignato, eppure le piante – per quanto  imbruttite e malconce – ancora non si dànno per vinte. Anche i ghirigori degli insetti che sforacchiano le foglie paiono recare più fastidio all’occhio del giardiniere esteta che vero guasto alle funzioni vitali delle piante.

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Nei vasi prosperano le dalie, cotte dal sole, e le ortensie, in un angolo fresco e ombroso. Le dalie sembrano ancora indenni dai soliti noiosi ragnetti, che causano chiazze depigmentate sulle foglie. Le ortensie si esibiscono in sfere fiorite inusitate, fuori misura rispetto ai vasetti di coccio in cui sono costrette. Hanno qualche foglia necrotica: purtroppo sono intervenuto tardi in loro soccorso e una prolungata clorosi ha lasciato questa traccia indelebile.

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Di sera mi piace sporgermi dal davanzale sul retro per osservare torme di rane e rospi di ogni foggia e grandezza uscire dall’aiuola umida delle pervinche o dal fresco corridoio che costeggia la casa a confine col muraglione del vicino. Col loro incedere lento a balzelli ineleganti mi suscitano un’immensa, divertita simpatia. Conto sul loro aiuto per tenere a bada il brulicare d’insetti e nemici multiformi del giardino. Ecco qui sotto uno di questi anfibi fedeli, che si è avventurato a caccia un po’ prima degli altri. Quelle horreur! Che visione turpe: il poveretto è tutto pieno di peli del mio cane, ubiquitari come i batteri. Te li ritrovi nel letto, nel piatto, in bocca, ovunque. Non si salvano neanche gli anfibi!

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Oh mamma: non si può mai star tranquilli! Sbaglio o sono chiodini? Proprio a fianco del ceppo marcescente della robinia abbattuta due anni fa. Notavo che l’ortensia bianca lì a fianco era stenterella… Ecco perché: la funesta Armillaria mellea, una vera iattura. Chissà come farò, anche perché ci sono molti altri ceppi in giardino (la betulla, i peschi, l’alloro, la magnolia: tutte essenze che ho falcidiato nella mia  follia di riforma del giardino preesistente…).  Bisognerebbe scavare, eliminare ceppi e terreno, disinfettare, non piantare per mesi.

Ho lasciato andare a seme il prezzemolo. Come tutte le ombrellifere (e le labiate), riesce irresistibile a numerosi insetti.

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Sprazzi di sole

Qualche sprazzo di sole di tanto in tanto si apre e illumina una distesa di fiori presi d’assedio da bombi, api, sirfidi. Non sempre riesco a ripescare per tempo la macchinetta, sicché le foto spesso hanno luce fredda, da cielo velato o coperto. Le temperature restanto basse e il terreno è zuppo. Il giardiniere si dedica solo ai vasi e si rinfranca per le fatiche future…

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Piove

Il pleure dans mon cœur
Comme il pleut sur la ville;
Quelle est cette langueur
Qui pénètre mon cœur? (Verlaine)

Il giardiniere (l’uomo?) non è mai contento. Se non piove, perché non piove. Se piove, perché piove.

Ho invocato la pioggia per settimane, che adesso mi aduggia e m’inquieta. Piove ormai quasi tutti i giorni da giorni. Rose e peonie pendono grasse e sguaiate come maschere sfatte. Facelie e coriandoli svettavano al cielo ma adesso la pioggia li preme e li alletta pesanti per terra. Arrivano spore di funghi e si posano e aspettano; se ne stanno come in erba l’angue in agguato; al primo sole sarà tutto un fiorire di chiazze e di macchie.

Tolgo dai vasi in balcone le violacciocche, scomposte, sparute, sfiorite. Ne viene un mazzetto, fâné. Mi par degno di foto, così lo immortalo. S’intona col grigio di fuori, di dentro, di tutto. Non mi scuce un sorriso ma solo mestizia. Invocherò adesso il sole, come ho invocato la pioggia. Che tronchi la litania balbuziente di questa tristezza.

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A would-be cottage garden?

How many kinds of sweet flowers grow

In an English country garden?

We’ll tell you now of some that we know,

Those we miss you’ll surely pardon.

Daffodils, heart’s ease and flox,

Meadowsweet and lady smocks,

Gentian, lupine and tall hollyhocks,

Roses, foxgloves, snowdrops, blue forget-me-nots.

In an English country garden… (canzone tradizionale)

Malvarose (hollyhocks), garofani, violacciocche, rose, fanciullacce (love-in-a-mist), giuliette (Canterbury bells)… e quest’anno ho perfino le digitali (foxgloves)! Gl’Inglesi hanno tutta la mia ammirazione; cerco d’imitarli, ma c’è una cosa che qui non abbiamo: il clima! Da noi purtroppo non piove anche per quaranta giorni filati… Tornando al cottage garden, mi riprometto di seminare anche Hesperis matronalis, che non può certo mancare in un old-fashioned garden.

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Nigella damascena, vulgo fanciullaccia. Nata in una fessura.

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Peonia bianca. Merita un anno di attesa…

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Digitali da seme (Chiltern seeds).

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Mi piacciono ma non so che cosa siano, purtroppo…

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Prime roselline.

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Achillea di tra i papaveri.

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Soliti, immancabili garofanini.

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Ancora loro. Che profumo!

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Bocche di leone che occhieggiano dalla ringhiera. Fiori dal cemento, dalle crepe, dai posti più impensati. Una metafora potente, che ci dà speranza per i gretti, i piccini, gl’ipocriti che abbondanti ci circondano… Possono spaccarsi e fiorire anche le più granitiche anime di pietra.

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Un boschetto di garofani tra la verzura.

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Dopo l’agognata pioggia, esplodono le fioriture

Oggi, al ritorno da un breve viaggio per motivi di studio, ritrovo il giardino in pieno rigoglio; ci sono stati tre o quattro acquazzoni che finalmente hanno intriso per bene d’acqua il terreno che ormai supplicava pietà dopo mesi di arsura.

Mi rincresce solo per la distesa fiorita di fronte a casa, che l’anno passato era molto più variegata, mentre ora è una distesa di soli papaveri della California, tutti tinta arancio – a séguito dello scavo eseguito con un mostro meccanico quest’inverno. Evidentemente tutti gli altri semi sono più deboli, o i papaveri della California sono veri eroi dell’autodisseminazione.

Eccoli qui che si bevono il sole a petali ben divaricati, tutti dritti come soldatini. L’aiuola così monocroma, monotona, monocorde non l’avrei voluta. Ho provato a prevenire e rimediare seminando a spaglio papaveri di altri colori, fiordalisi, e praticamente tutti gli avanzi di sementi che ho ripescato dal bussolotto di latta che ho adattato alla bisogna. Pazienza: conviene far buon viso e godersi questo colore intenso, squillante ma ammorbidito dalla consistenza ora cerosa ora sericea ora di velluto. Non conosco altri fiori con la stessa tinta e tessitura.

Però, ecco: vedo occhieggiare qua e là qualche cenno di altri fiori. Alcuni li conosco, altri no. Vedo qualche ciuffetto di Saponaria ocymoides e uno o due timidi fiordalisi. Per il resto, il rettangolo centrale dell’aiuola è davvero una prateria arancione.

viola arancio

Weigela

Saponaria ocymoides

sul selciato

peonia

peonie

Centaurea

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