Le bulbose dànno sempre grandi soddisfazioni: le si affida al terreno, se ne aspettano con trepidazione i germogli, se ne gode la bellezza spesso sfacciata, quasi sempre fugace. Sono abbastanza autonome e tante volte è addirittura meglio astenersi dall’intervenire e lasciarle in pace. Molte non amano essere divise troppo spesso, molte gradiscono terreno asciutto per molti mesi l’anno.
Purtroppo, questa primavera è assai piovosa: i miei narcisi gialli, che qui ho trovato assiepati fittissimi in un’aiuola che costeggia un marciapiedi e fa da continuazione a quella dei giacinti color carta da zucchero, non gradiscono avere i piedi a mollo per troppo tempo, e infatti ecco immancabile una bella crittogama, la cui specie non ho identificato. Ho trattato con un prodotto rameico e con un triazolico, ma ho come l’impressione che le spesse foglie lucide dei narcisi non assorbano alcunché, lasciando invece scivolar via tutto, come fanno certi umani. Speriamo bene; le fioriture non sembrano compromesse ma chi lo sa che cosa succede lì sotto, nei bulbi e soprattutto che cosa succederà l’anno prossimo. Di dissotterrarli non se ne parla: sarebbe un lavoro immane; tra l’altro di solito non lo si fa, perché i narcisi sono rustici e non sono appetiti dai roditori (sono velenosi anche per gli umani).
Oltre alla bella aiuola di narcisi, che non può che allietare chi la mira (A poet could not but be gay/In such a jocund company), stanno fiorendo i tulipani che ho comprato in stock in un sacchettone lo scorso autunno. Sono doppi e ostentano tinte da matrimonio o battesimo: bianco candido, rosa perla o confetto; ce n’è però anche qualcuno di un violetto più intenso. Questi sarebbe meglio estirparli a fine ciclo, dopo che le foglie si sono ingiallite o seccate. Chissà se ce la farò o se dovranno starsene lì sotto… in ogni caso dovrò ricordarmi di non bagnare troppo, per non farli marcire mentre sono a riposo.
Le sorprese si susseguono, in questa stagione, e quasi non si ha tempo di fotografarle tutte. E così è, infatti. Ma alcune le ho immortalate: in senso orario dall’angolo in alto a sinistra un’Iberis sempervirens che sembra urlare “non vogliamo foglie, solo fiori fiori fiori!”, un pesco ornamentale, fragoline di bosco, il mio rosmarino in vaso (che ha sopportato indenne tre traslochi, senza ricevere rigorosamente mai alcuna concimazione), violacciocche di Nizza, un angolo ombroso di pervinche che colonizzano in modo tentacolare le zone loro congeniali.
Anche questa superba aiuola allungata di giacinti è una gradita eredità; mi riferisco alla prima e terza foto, quella centrale illustra un esemplare isolato, di tinta più carica.
Una cara amica ed esperta giardiniera mi ha detto – salvo equivoci da parte mia – che qui in Veneto una volta non c’era giardino della nonna che non avesse i suoi bei giacinti azzurri, chiamati “pulcre”. Non so se il termine sia dialettale o abbia a che fare con l’aggettivo latino; fatto sta che belli lo sono davvero. E nemmeno troppo effimeri, per dire la verità, specie se non piove per un po’. Hanno un profumo che stordisce perfino quando lambisce a ondate ed effluvi le stanze del primo piano. L’azzurro tenue (carta da zucchero?) crea un bel contrasto con le composite spontanee gialle che sono al primo ciclo di fioritura e già attirano veri e propri sciami di api.
Molti storcono il naso, ma a me piace lasciarle dove sono, le composite dico: hanno un ciclo vegetativo piuttosto breve, sono allegre e chiassose (di fiori gialli si sente particolarmente bisogno in inverno e primavera, trovo, e le api credo siano d’accordo), non disturbano perché riempiono angoli e fessure altrimenti disadorni – ivi compreso il margine tra marciapiedi e muretto del mio giardino. La cosa ha indispettito il vicino di casa, che ha prontamente sparso diserbante sul marciapiedi, anche davanti a casa mia – ahimè –, e mio padre, che – incaricato di una piccola commissione – non ha resistito invece alla tentazione iconoclasta di fare piazza pulita delle “erbacce” e di redimere il bordo dell’impiantito. Amen.
Qui sotto la foto di un angolo che in primavera mi piace lasciare alle composite gialle, di cui ignoro la specie; nella seconda foto compaiono insieme a pratoline e trifoglio, in un prato misto che sembra ricamato. Sono tra l’altro facilissime da estirpare, volendo, perché vengono via a ciuffi con la rosetta basale al solo tirarle per lo stelo fiorifero, specie se il terreno è un po’ umido o anche solo in tempera. Insieme ai numerosissimi tarassachi creano belle distese e macchie di giallo canarino carico che dànno una bella sferzata di joie de vivre, dopo le tetraggini invernali. Ribadisco: le api sembrano esser d’accordo.