Risveglio di primavera:
la natura fa da sé
C’è sempre troppo poco tempo per il giardino, e anche le forze deficitano. Per fortuna sembra che la natura di questi tempi sappia fare anche da sé, senza grandi interventi: sono lontane le arsure estive che rendono il mio terreno uno zoccolo granitico riarso percorso da crepe larghe due dita e che fanno dell’innaffiatura un onere imperativo ed esoso in termini di tempo ed energia. In questi giorni posso godermi i primi frutti del lavoro autunnale e dare solo qualche indirizzo alla natura, che trabocca di linfe vitali. Gli steli si sollevano, le gemme si gonfiano e aprono, le foglie sono di un verde brillante che sa di nuovo. Tutto parla solo di speranza e palingenesi.
Nelle foto qui sotto: le heuchere divise in ottobre allungano gli steli (anch’esse lascito dei precedenti inquilini, e anch’esse molto “giardino della nonna” o “delle vecchie signore”), le violacciocche di Nizza (adoro la tinta di questo particolare esemplare…), una pratolina, un altro narciso (con i petali merlettati da una neanide di Barbitistes vicetinus – And his dark secret love/Does thy life destroy…), uno dei moltissimi esemplari di papavero selvatico nati dalla mia improvvida idea di spargere un po’ di semi qua e là l’estate passata, una spartana seminiera con piantine di finocchi, un tulipano viola, il turbante arancio di un papavero della California (da quei pochi che avevo seminato qua e là l’anno scorso nel prato misto fiorito antistante la casa ne sono venute quest’anno decine e decine: spuntati in autunno, ora stanno per fiorire).