Tra draghi e zanzare
Esco in giardino armato di macchinetta, a caccia di angoli fotogenici. La luce non è delle migliori: è una delle tante giornate spente di primo autunno. Vinco la ripulsa che mi assale all’idea di calpestare l’argilla intrisa d’acqua. Smuovendo le foglie suscito nugoli di zanzare assatanate. Mi pungono le nocche, le giunture, i padiglioni delle orecchie. Già ero accidioso d’umore, adesso ho una gran voglia di battere in ritirata. Poi vedo i miei fiori, come in trionfo, e ci ripenso.
Le bocche di leone e altre annuali si sono ridestate dall’inerzia stuporosa che ne aveva fiaccato lo sviluppo nelle torride settimane d’estate. Vegetano e prosperano vigorose come non mai. Solo nei margini più gremiti di piante, un po’ ombrosi e già troppo umidi, sono sfigurate dalla ruggine o incipriate di mal bianco. Fauci di drago multicolori (snapdragons) si spalancano in cerca di un sole che latita e accolgono le visite alate dei pronubi. Le cosmee nane, nell’orgoglio liberatorio di non esser sgraziate e precarie come le cugine, si producono in un frettoloso, esplosivo girotondo di corolle. L’alisso bianco spande i suoi densi sentori di miele.
Ma queste sono solo comprimarie. Le vere protagoniste dell’autunno sono le perenni piantate ad hoc per un ultimo atto spettacolare prima dei geli. Settembrini, anemoni, crisantemi. Ne ho molti e ancora più ne vorrei (ne vorrò).
E poi ci sono piante un po’ confuse, che han come perso la trebisonda, e approfittano del tepore di questo scorcio ottobrino per anticipare la primavera: soprattutto i papaveri della California, ormai ubiquamente infestanti in tutto il lato sud del giardino; allungano incerti i piccoli turbanti di seta delle loro corolle monocrome color zucca, e non li svolgono se non quando il sole si affaccia a concedersi.
Faccio un giretto di perlustrazione – in testa la lista delle incombenze si aggiorna e allunga – e scatto qualche foto con scarsa convinzione. Torno dentro, insoddisfatto; la luce è infelice, gli scatti sono poca cosa. Mi duole dappertutto per le pose da contorsionista che ho tenuto nella vana speranza che l’aggeggio digitale mettesse a fuoco quel che volevo io.
Pubblico lo stesso qualche immagine, anche a mo’ di cronistoria di quest’autunno mite dalle piogge misurate.