Tulipani: l’insuperabile grazia della semplicità
Da bambino mi son preso un’infatuazione potente per i tulipani. Ricordo l’emporio vicino a casa, che sentiva di mangimi, granaglie e pastoncino, dove in cambio della mia magra paghetta settimanale potevo avere tre-quattro patatine cuoriformi, protette da una tunica secca secca che ti si sfaldava tra le dita, con una promessa di germoglio in cima, a forma di virgola verde pallido. Ci andavo a marzo, ignorando che la stagione più idonea per piantare è l’autunno. Nella bottega non c’era molta scelta di forme o colori, e all’epoca – avrò avuto nove anni – mi piacevano le tinte allegre e sgargianti, perciò me ne tornavo a casa con bulbi che avrebbero portato corolle rosso scarlatto e giallo intenso. L’anno successivo s’imbastardivano e i fiori nuovi erano gialli con striature e arabeschi rossi, o viceversa.
Adesso che ho una casa e un giardino miei, di tulipani così non ne ho (né li voglio, ché ora prediligo le tinte pastello). Eppure, la passione per questi fiori semplici e meravigliosi rimane, magari sopita o messa un po’ alle strette da tanti altri amori vegetali concorrenti. L’autunno scorso, quasi a dicembre, ho interrato, con molta pomice, sabbia e brecciolino, dei bei bulbi di Tulipa saxatilis ‘Lilac Wonder’ che Valeria, amica e provetta giardiniera, si era procurata a una svendita di fine stagione presso l’ormai leggendario “Floriana Bulbose”. Che dire? Il risultato è commovente e rischia di rinfocolare quell’antica passione, portando a prossimi acquisti compulsivi e – ahimè – scriteriati, vista la carenza endemica di spazio vitale per le piante che affligge il mio fazzoletto. I ‘Lilac Wonder’ sono proprio belli, nella loro leggiadra semplicità, con quei tepali appuntiti e quell’areola giallo zafferano che pare un tuorlo d’uovo.